Immacolata

Immacolata
Chiesa
0831738658
Mesagne
Puglia
Italia

La chiesa dell’Immacolata, nella sua prima proposizione, dovè considerarsi polo cultuale, segno d’impetrazione di divine grazie, sul limite di un’area che, per essere prossime alle mura urbiche e all’accesso principale della città, si proponeva quale fascia frazionata in aziende di piccole dimensioni, con colture orticole, alberi da frutta, agrumeti, vigneti. Si trattava dei giardini di delizie oltre i quali la campagna di Mesagne evidenziava ancora il segno dell’uomo con, in successione, dapprima le aree destinate a colture promiscue, poi a seminativo; pascoli o boschi segnavano il limite raggiunto dai coltivi determinandosi per secoli, nelle popolazioni contadine, quali aree da recuperare all’agricoltura. La fascia dei giardini è ricca, in terra di Mesagne, di riferimenti cultuali; si tratta di edifici sacri costruiti o ricostruiti sul finire del sedicesimo e primi del diciassettesimo secolo in un periodo di crescita demografica e, conseguentemente, di riaffermata presenza dell’uomo sul territorio.
La chiesa conventuale dell’Immacolata, ora sulla piazza, già Largo Porta Grande e in seguito Vittorio Emanuele II, compiuta nel 1869 -70, ebbe, sino al 1880, dedicazione a Santa Maria di Nazareth.
I francescani furono autorizzati a costruire una loro casa in Mesagne nel 1425; in quell’anno, il 4 agosto, il pontefice Martino V notificò all’arcivescovo di Brindisi il suo consenso a una fondazione francescana in Mesagne.
Il pontefice veniva in tal modo incontro al desiderio espresso da Aymonetto di San Giorgio, devoto francescano, d’edificare una residenza conventuale sotto il titolo di Santa Maria di Nazaret. Egli, riferisce la bolla papale riportata dal Coco
“domum sub vocabulo B. Mariae de Nazaret cum ecclesia […] aliisque necessariis officiis pro usu et abitatione fratrum dicti ordinis in terra Mesagnae dicte dioecesis construere desiderat”.
Ricevuto l’assenso arcivescovile la costruzione fu avviata forse già nello stesso 1425, a spese di Aymonetto di San Giorgio e della moglie Maria Maia su terreni di loro pertinenza; fu poi rimaneggiata più volte. Attualmente è a una sola navata, ma ancora nell’Ottocento si vedevano resti che ne testimoniavano la tipologia a due o tre navate. Riferisce Profilo:
“Sembra in fatti che in epoca non determinabile la chiesa fosse stata a due o tre navi; almeno così risulterebbe da alcuni avanzi di cappelle e di altari che tuttora [1894] si vedono nelle stanze contigue a borea di essa e dalle parieti di queste che formano un unico fabbrico con quelle della odierna ad una sola nave”.
Il campanile sarebbe stato eretto nel 1652, ad iniziativa del conventuale mesagnese Ludovico Verardo, utilizzando quale cava le antiche mura della città.
A ricordo del restauro del 1739, sull’arco sovrastante l’altare maggiore vi sono le insegne della famiglia Musachi – Cantone. Riferisce il Profilo:
“Il Mavaro narra, ed una conclusione di questo Capitolo del 1739 lo conferma, che la chiesa fu coverta di nuovo tetto ed abbellita con stucco a spesa delle nobili famiglie mesagnesi Raimondi, Cantone e Musciacchi, delle quali due ultime si videro le armi ai quattro angoli dell’altare maggiore fino al 1787 quando, di nuovo ristaurata, quelle furono tolte e disperse”.
Importanti interventi si ebbero nella seconda metà del XIX secolo allorché in coincidenza con l’espandersi dell’abitato di Mesagne oltre le mura, lungo gli assi stradali di comunicazione coi centri vicini, la chiesa muta radicalmente il proprio contesto di riferimento. Non casualmente, gli interventi del 1878 si pongono in significativa connessione con gli altri relativi a piazza Vittorio Emanuele II, definita il 1869 -70 e alla villa comunale, completata agli ultimi del XIX secolo su suolo acquisito dalla civica amministrazione il 1877. Si trattava della spianata Scarano la cui parziale lottizzazione avrebbe dato avvio all’urbanizzazione dell’area.
Secondo Antonio Profilo:
“Nel 1842 fu ricoperta di assito, perché l’antico tetto non più era solido; e poi nel 1878 e negli anni seguenti è stata coverta di volta sorretta dai muri antichi, tranne quello di mezzodì e ponente ricostruiti a nuovo; è stata ornata di altari di marmo e nel miglior modo abbellita”.
Nel suo patrimonio artistico si annovera, sulla sinistra la tela di Sant’Antonio da Padova e giovane committente (1759) e, sulla destra, quella dell’Estasi di San Francesco d’Assisi (1767), entrambe dipinte da Domenico Antonio Carella (1721-1813), pittore nativo di Francavilla Fontana, ma attivo soprattutto a Martina Franca. Opera del mesagnese Antonio Criscuolo (1819-71) è il quadro, sulla parete sinistra, della Vergine Immacolata. Di anonime botteghe pugliesi sono le settecentesche tele di San Rocco, della Flagellazione di Cristo, Cristo deriso, Cristo portacroce, Cristo a Getsemani, San Francesco d’Assisi orante, Addolorata, San Francesco d’Assisi, Volo di san Giuseppe da Copertino e le secentesche aventi a soggetto la Madonna con Bambino, San Gaetano da Thiene e l’Immacolata. Numerose le statue lignee e in cartapesta.
Nella chiesa, ai piedi dell’altare di San Diego, gentilizio della famiglia Ferdinando, fu sepolto il medico e storico Epifanio Ferdinando. I resti mortali, esumati nella seconda metà del XIX scolo, riposti in una cassetta di zinco, ebbero collocazione ai piedi dell’altare dedicato alla Vergine Immacolata, non lontano dall’originaria collocazione.
L’attiguo convento dei francescani neri, danneggiato dal terremoto del 20 febbraio 1743, fu restaurato e consolidato dai mastri muratori Basilio e Valentino de Virgilijs di Oria per il corrispettivo di settantacinque ducati. Riassumendo le vicende della struttura scrisse Antonio Profilo:
“fu quasi affatto rovinato per le vicissitudini guerresche tra aragonesi e francesi e che la nostra università nel I dicembre 1496 domandò alla predetta regina Giovanna la cooperazione di lei, perché il convento fosse rimesso in piedi […] Soppresso nel 1809 passò al Demanio dello Stato, il quale possedutolo per circa 60 anni, lo vendé a privati nel 1868 in condizione di notevole deperimento. Oggi [1894] è destinato a vari usi”.
Il piano terra fu adibito prima a stalla, poi a trappeto, indi ad abitazioni. Il primo piano servì fin dall’inizio a dare alloggio ai senzatetto; dal 1922 fu attrezzato ad albergo e, con varie ristrutturazioni, è ancora oggi adibito a tale uso.