Sua Ecc.za Mons. Giovanni Intini - arcivescovo di Brindisi - Ostuni

Tentazioni e prospettive della Chiesa in un mondo che cambia

Omelia Messa Crismale - Mercoledì santo 16 aprile 2025

“E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello.

In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.” (Ap 22, 1-2).

Questa immagine tratta dal finale del Libro dell’Apocalisse, sembra un frammento poetico sopravvissuto allo tsunami dell’intelligenza artificiale, della robotica, del mito della tecnologia, dei viaggi nello spazio, del progresso tecnocratico dell’uomo post-moderno.

Invece, è l’immagine più bella per rappresentare questa nostra assemblea liturgica, riunita questa sera per la messa Crismale; è l’immagine più vera della Chiesa nel mondo.

La Chiesa abita la piazza della città, il mondo, dove si svolge la vita degli uomini e delle donne, ed è rappresentata da quell’albero di vita, che è reso fecondo da quel fiume d’acqua viva, che è lo Spirito santo, che sgorga dal trono di Dio e dell’Agnello, crocifisso e risorto, vivente in eterno.

La fecondità della Chiesa è frutto dello Spirito, non dell’intraprendenza progettuale dell’uomo; i frutti dello Spirito nutrono, guariscono, fortificano, sostengono la Chiesa nel suo pellegrinaggio terreno.

L’assemblea liturgica di questa sera possiamo leggerla così: dal cuore del Cristo, crocifisso e risorto, vivente in eterno, scaturisce, come un fiume di acqua viva,  la forza dello Spirito, che attraverso gli olii santi e il santo Crisma, scorre da questa cattedrale verso tutte le comunità cristiane dei nostri paesi, perché siano albero di vita fecondo, per continuare ad abitare la storia nutrendo, guarendo, fortificando, sostenendo i discepoli del Signore, perché rendano testimonianza della speranza che portano nel cuore.

In tempo di sinodo, e mentre il mondo vive un’ora nebulosa della sua storia, è bene che non manchi il discernimento che ci faccia comprendere le tentazioni e le prospettive che questa nostra Chiesa vive in un mondo che cambia, e questo per mantenere sempre viva questa immagine che il Libro dell’Apocalisse ci ha consegnato.

Vorrei provare a condividere con voi tre semplici passaggi, che magari ciascuno di voi avrà modo di approfondire, se li riterrà necessari.

  • La statua di sale

Il libro della Genesi racconta che Dio consente a Lot e alla sua famiglia di lasciare Sòdoma, prima della sua distruzione e dà un comando: “Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto! […] Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.” (Gen 19, 17.26).

La moglie di Lot guardò indietro e diventò una statua di sale: è la grande tentazione della Chiesa del nostro tempo, guardare indietro.

Da un lato affiorano nostalgie del passato, che garantiscono una certa sicurezza e sembrano assicurare stabilità in un momento di grande mobilità; dall’altro, spesso c’è il tentativo di voler trapiantare le cose buone del passato, nell’oggi della Chiesa, senza considerare la veloce evoluzione dei tempi che ha rapidamente cambiato lo stile, i costumi, i legami, le relazioni, le abitudini, la vita delle persone e quando si constata la difficoltà di questa operazione, ci si lascia imbalsamare da cantilene di rimpianti.

Non possiamo correre il rischio di diventare statue di sale, che adorano le ceneri, anziché custodire il fuoco; l’eredità del passato non ci deve impedire di cogliere i gemiti dello Spirito santo, che preludono a una nuova creazione.

  • Il germoglio nuovo

A questo proposito, sono le parole del profeta Isaia che ci orientano: “Così dice il Signore, vostro redentore, il Santo d’Israele: […] Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa…” (Is 43, 14. 18-19).

Oggi il Signore sta suscitando un germoglio nuovo, ancora fragile, in fase di crescita, che ha bisogno di cura e delicatezza, ma è nuovo!

Perciò, nostro compito è accompagnare il nuovo che sta nascendo e non restare a contemplare le cose passate, che certamente ci hanno consegnato qualcosa di buono, ma dalle quali bisogna staccarsi per dedicarsi alla cura del nuovo che sta nascendo.

Anche San Paolo riferendosi alla sua esperienza autobiografica scrive: “…dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.” (Fil 3, 13-14).

È una postura spirituale che può fare bene anche a noi, in questo tempo di cambiamento, per essere sentinelle che sanno scrutare e riconoscere quanto lo Spirito del Risorto sta facendo germogliare in questo nostro tempo, nonostante le tante macerie che ci circondano.

Nel deserto, che caratterizza anche l’esperienza di fede del nostro tempo, il Signore apre strade nuove, abitate da uomini e donne in cerca di una fonte limpida e non inquinata, che disseti la loro sete di spiritualità; a costoro non possiamo prospettare vecchi schemi standardizzati, ma accompagnarli in percorsi generativi, illuminati dalla Parola di Dio, nutriti dall’Eucarestia, sostenuti dai sacramenti e collaudati nel percorso di fede, dove la carità diventa operativa e la speranza orientativa della vita.

Le sfide del tempo nuovo ci trovano impreparati, ma non devono trovarci refrattari o peggio in fuga, come il profeta Giona; è importante accogliere la sfida di questa stagione storica, consapevoli di poter contare con fiducia sulla presenza attiva del Signore: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.” (Mc 16, 20).

  • Il viaggio

A proposito di partire, vorrei indicare una prospettiva che si apre per noi, oggi, in questo tempo di cambiamento e che si pone come stile dello stare al mondo del cristiano: il viaggio.

San Luca, negli Atti degli Apostoli, racconta il viaggio di San Paolo verso Roma, dopo che l’Apostolo, arrestato e processato a Gerusalemme, si appella a Cesare, in quanto cittadino romano.

Il racconto del viaggio, che abbraccia i capitoli 27, 28, e parte del 29, mi sembra uno straordinario paradigma del viaggio della Chiesa nel mondo. Non possiamo in questo contesto fare una lettura dettagliata del testo degli Atti degli Apostoli, tuttavia, vorrei richiamare alcuni passaggi importanti.

A differenza del profeta Giona, l’apostolo Paolo non fugge dalle sue responsabilità, se pur in catene, desidera portare a termine il suo ministero e approdare a Roma per la testimonianza definitiva.

Il viaggio avviene per mare, a bordo di una barca, e questo per noi è particolarmente evocativo della missione della Chiesa, barca che attraversa il mare travagliato della storia; su questa barca, l’apostolo Paolo sale in catene, poiché è stato arrestato a motivo della sua predicazione.

Forse dovremmo prendere coscienza che oggi possiamo attraversare il mare della storia, sulla barca della Chiesa, solo se prigionieri per Cristo e di Cristo, cioè totalmente afferrati da Lui e in Lui radicati.

La navigazione a tratti è tranquilla, ma conosce anche passaggi pericolosi, l’apostolo Paolo consapevole dei pericoli della navigazione mette in guardia l’equipaggio della nave, ma il centurione, che aveva il comando si fidava più dell’esperienza del pilota che delle parole di Paolo, e così la barca è sorpresa dalla tempesta.

Avviene così, spesso nella vita della Chiesa, delle nostre comunità cristiane, che si va più alla ricerca di tecnicismi pastorali, organizzativi e folcloristici, anziché mettersi in ascolto della voce profetica dello Spirito, che suscita carismi, ministeri e servizi per la crescita comune.

Certo, sono importanti anche le tempeste, perché rivelative del livello della nostra maturità umana, spirituale e di fede e comunque, ci costringono ad alleggerirci di tante cose inutili che appesantiscono la nostra navigazione e ci fanno correre il rischio di affondare.

Quando nel viaggio burrascoso verso Roma sembra mancare ogni speranza di salvezza, Paolo aiuta tutti a fare discernimento: la navigazione avrebbe potuto essere più serena se si fosse dato ascolto alla sua parola, ma tuttavia, anche ora, non si verificherà alcun danno ai passeggeri, perché l’apostolo ne ha avuto assicurazione da Dio nella preghiera; e motivo della salvezza sarà proprio lo stesso Paolo, che deve comparire davanti a Cesare a Roma per dare la sua suprema testimonianza.

Come Chiesa siamo nel mondo e navighiamo nel mare burrascoso della storia, se come l’apostolo Paolo consideriamo perdita tutto quello che potrebbe essere occasione di gratificazione umana, per guadagnare Cristo ed essere trovati in Lui, noi saremo motivo di speranza per tanti che navigano con noi sulle acque della vita.

Nel pieno della tempesta, mentre la nave va alla deriva, Paolo esorta tutti a prendere cibo, quello che sembra un atteggiamento quasi irresponsabile dell’Apostolo, diventa per noi indicativo di quello che veramente ci rende forti nella navigazione della vita e nei suoi tanti naufragi: l’Eucarestia, mangiare la Pasqua del Signore, facendo memoria del dono della salvezza.

L’eucarestia celebrata da Paolo sulla nave, nel cuore della tempesta, dà a tutti la forza di potersi salvare approdando su un’isola. L’approdo sull’isola è occasione per conoscere gente nuova, per essere oggetto di accoglienza, per evangelizzare la cultura del popolo dell’isola, intrisa di superstizioni e perfino per guarire qualche malato.

Le tempeste, i naufragi, le crisi non necessariamente sono momenti distruttivi, ma possono essere veri e propri momenti rigenerativi, in cui ci è dato di prendere coscienza dell’essenziale che veramente alimenta la speranza e rende la fede operativa nella carità.

Così il viaggio di Paolo approda alla mèta, dove potrà finalmente testimoniare con la vita Cristo Signore.

In un tempo di grande mobilità per la vita delle persone, non possiamo che essere una Chiesa che viaggia con gli uomini e le donne, per incontrarli sulle loro strade, agli incroci delle tante domande che li accompagnano e nelle tempeste che caratterizzano le sempre più inquiete e travagliate vite dei nativi digitali. Noi, comunità cristiana, in navigazione con gli altri fratelli e sorelle, portiamo con noi la lampada della Parola di Dio; il viatico dell’Eucarestia, e una vita che pur recando i segni della fragilità umana, tuttavia, si lascia plasmare dalla grazia del Signore, che ci rende santi, purificandoci con il lavacro battesimale e cura le nostre ferite per cancellare macchie e rughe che spesso compaiono sui nostri volti.

Coltiviamo insieme il sogno di una Chiesa radicata e fondata in Cristo, che viaggia sui sentieri della mobilità umana, pronta a cogliere i vagiti di un mondo nuovo che sta nascendo, libera da vecchie nostalgie del passato e testimone credibile del Risorto, per diventare sempre di più lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13), dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore. (cfr. Spes non confundit, 25).

Vergine santa, Madre della speranza, Donna del vino nuovo, che alla festa nunziale di Cana di Galilea hai colto il bisogno di tempi nuovi e hai chiesto al tuo Figlio divino di trasformare l’acqua di una religione stanca e statica, nel vino nuovo della passione per il regno di Dio, accompagna i passi della nostra Chiesa verso l’aurora di un nuovo mattino di speranza.

 

OMELIA MESSA CRISMALE