Agli sposi e alle famiglie, “chiese domestiche”, dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni

lettera alle famiglie
Le profetiche parole di Isaia, carissimi, accompagnano oggi, più che mai, il nostro comune cammino di viandanti e pellegrini.
Abbiamo vissuto in famiglia e per la famiglia il Tempo forte dell’Avvento, aiutati dalla preghiera preparata dalle coppie della Commissione diocesana di Pastorale Familiare della
nostra Arcidiocesi; a loro il nostro più vivo ringraziamento!
La pandemia, ormai parte delle nostre giornate, sta segnando un tempo incerto fatto di
attese e speranze e, seppur smarriti, da cristiani non dobbiamo far prevalere in noi le tenebre e
l’oscurità, il buio e la rassegnazione.
Vivremo forse un Natale un po’ diverso dagli altri anni, ma non possiamo rassegnarci
accettando passivamente ciò che accade attorno rimanendo inermi. Sarà Natale se riusciremo
a glorificare Dio con la nostra vita; faremo Natale se, contemplando il Divino Infante, comprenderemo che “Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso” (Fil 2, 6-7).
Il Bambino di Betlemme si offre nella nudità di una stalla ma con la ricchezza di un
cuore pronto a riempire i nostri vuoti, le nostre debolezze, le nostre fragilità. Per incontrarlo,
dunque, chiniamoci davanti a Lui e chiediamoGli, in una preghiera incessante, che vinca l’amore sull’odio, prevalga la cultura della pace sul sentimento del rancore; la difesa del piccolo
alla prepotenza del più forte.
Il poverello di Assisi ci sproni a fare nostre le sue parole della Preghiera semplice:
“[…] Dando, che si riceve; perdonando che si è perdonati; morendo che si risuscita a Vita
Eterna”.
Mentre l’Avvento ci ha fatto invocare l’attesa col grido di accorata speranza: “Maranathà, vieni Signore Gesù” oggi, Giovanni, nel Prologo del suo Vangelo, ci consegna la certezza
che “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).
Meraviglia e stupore accompagnano la divina Parola che, pur diversa dalle logiche mondane, la Chiesa col suo annuncio ci chiede di accoglierla, farla nostra con la testimonianza
della vita.
“Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione
di fede per avere la salvezza” (Rm 10,10).
Il Natale, dunque, apra davanti a noi un tempo di fiduciosa speranza perché si realizzi
la biblica promessa che ci ha accompagnati fin qui: “Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le
è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saròn. Essi vedranno la gloria del
Signore, la magnificenza del nostro Dio” (Is 35, 1-2).
Quante povertà e solitudini; tristezze e delusioni; attese e speranze attendono di essere
colmate.
Lo sguardo innocente del Bambino di Betlemme e il misterioso intreccio che nasconde
la sua tenerezza, tocchi il cuore di ogni uomo di chi soffre e lotta; di chi piange e spera; di chi
si è abbandonato e rassegnato.
Incamminiamoci verso Betlemme, la casa del pane, per riempire le nostre sporte e per
saziare di Lui la nostra fame. “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la
vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6,27).
Con Sant’Efrem, a Natale, anche noi possiamo cantare: “Il giorno della tua nascita, o
Signore, è un tesoro destinato a soddisfare il debito comune, il debito dell’amore”.
Predisponiamo, dunque, il nostro cuore all’incontro con Lui, l’Atteso, il Messia. Egli
viene e, come ha promesso, “non tarderà”.
In questo Natale “particolare” ed “inedito” approfittiamo per fare silenzio dentro e attorno a noi così da poter ascoltare ed accogliere il Verbo della Vita, Parola fatta carne per noi.
Ci ricorda Papa Francesco che il Natale spesso è una festa rumorosa, chiassosa, dispersiva ed assordante; ci farà bene stare un po’ in silenzio per ascoltare la Voce dell’amore che ci
chiama ad un cammino di conversione interiore.
Mentre vi scriviamo il Santo Padre Francesco, con la Lettera Apostolica Patris corde –
col Cuore di padre – nel 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono
della Chiesa universale a partire dall’8 dicembre 2020, Solennità dell’Immacolata Concezione
per la durata di un anno, dona a tutta la Chiesa un anno dedicato a San Giuseppe: “Padre amato, padre nella tenerezza, padre nell’obbedienza, padre nell’accoglienza, padre dal coraggio
creativo, padre lavoratore, padre nell’ombra”.
Da qui la decisione della Penitenzieria Apostolica, in conformità al volere del Pontefice,
di concedere l’Indulgenza plenaria fino all’8 dicembre 2021 alle consuete condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Papa.
Recitare il Rosario in famiglia e tra fidanzati è uno dei modi per ottenere tale dono.
San Giuseppe è stato sposo di Maria, padre di Gesù e custode della famiglia di Nazareth,
lì è fiorita la sua vocazione. Facciamo nostro, dunque, l’invito della Penitenzieria Apostolica
alle famiglie cristiane perché ricreino “lo stesso clima di intima comunione, di amore e di
preghiera che si viveva nella Santa Famiglia”.
Come ufficio diocesano di pastorale familiare valuteremo le possibilità per vivere appieno questa “straordinaria” occasione di grazia che ci è concessa dal Papa.
Buon Natale, buon cammino di grazia!
 
don Giuseppe Pendinelli                                                                         Paolo e Alessandra Mola
Delegato Arcivescovile                                                                             Coppia Responsabile